E’ ormai qualcosa che invade il nostro quotidiano. Il problema si presenta sempre di più nei gruppi scolastici, di qualsiasi livello, nella società comune e in quello che dovrebbe essere il “dolce nido”: la famiglia. Il bambino portatore di handicap o ritardato mentale è diventato il vero punto di sfogo della discriminazione, quella sociale. Qualcosa che ormai si diffonde in tutti gli ambienti italiani.
Potrei parlare quindi una forma di razzismo (non riconosciuta), di forme “scartate” semplicemente perché, considerate “diverse”. Il problema è maggiore perché le istituzioni, iniziando dalle scuole fino alle altre attività extra scolastiche, fanno ben poco per l’inserimento e per i progetti educativi destinati a queste persone.
Non ci sono innanzitutto scuole attrezzate, persone qualificate che diano la possibilità ad ogni “bambino difficile” di apprendere dal mondo in cui sta crescendo.
La crisi è essenzialmente sollevata anche dal fatto che le famiglie, sentendosi spesso abbandonate, non sempre accettano un loro brutalmente chiamato: “figlio disagiato”. Molte coppie tendono a lasciarsi, altre ritengono addirittura che “figli di questo tipo”, non abbiano diritto ad un’educazione che essa sia individualistica o meno. Fa male ascoltare parole del tipo: “Non c’è bisogno che vada a scuola visto che è così…”. E fa ancora più male quando a pronunciare questo, non sono solo persone meschine ma tutti quelli che pur non parlando, restano indifferenti, senza ascoltare, impedendo lo sviluppo e sostegno a quest’ importante ramo dell’albero della società Italiana.
Dal punto di vista pedagogico è importantissimo che lo sviluppo di un bambino sia associato a qualcuno in modo da poter esercitare la mente. Se nessuno gli presta attenzione, nella vita, come nella società, arriveremo al declino totale di questa persona. La stessa cosa la ritroviamo nel linguaggio, un bambino può sviluppare il linguaggio solo ed esclusivamente se inserito in un rapporto sociale. Se questo viene a mancare, si svilupperà di conseguenza un isolamento.
E’ necessario intervenire per salvare dalla solitudine questi bambini da quel mondo che un giorno li farà sentire parte dei “discriminati sociali”.
Valentina Pochesci Dirigente Nazionale Gioventù Italiana
1 commento:
sono la mamma di Serena una bambina disabile a livelli neuro psichiatrici, ha 5 anni e frequenta la scuola materna, ha una maestra di sostegno stupenda che però viene ostacolata nel lavoro dalla direttrice dell'asilo stesso, si stanno prendendo seri provvedimenti con l'aiuto dei servizi educativi di varese sperando di riuscire ad eliminare questo soggetto dalla scuola. Amo mia figlia, ritardo mentale o bambino difficile? sono entrambi da tutelare!!!!!!!!
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